Il Covid come spartiacque di coscienza e di conoscenza. Così ad agosto del 2021 da amministratore di un’importante azienda nel settore agroalimentare del nord Italia, Matteo lascia il lavoro, smette di essere connivente con pratiche contrarie alla sua filosofia e ritorna definitivamente in Umbria e insieme a Virginia, sua moglie, torna alla terra dedicandosi ad una sua grande passione: il Tartufo. Ma Brina non è un cognome, bensì il nome della prima cagnolina di Matteo, una meticcetta entrata per caso nella sua vita, diventata poi la protagonista di tante battute di caccia al tartufo. Una relazione speciale per Matteo, un caro nome che diventa la realizzazione di un sogno. E’ con l’Università di Agraria che Matteo approfondisce il mondo del tartufo e in breve tempo comincia ad impiantare tartufaie in zona, così che quando decide di lasciare il lavoro al Nord e tornare in Umbria, ha già una strada segnata. Oggi sono 30 circa gli ettari destinati al tartufo tra cui un uliveto di 4 ettari, la cui produzione di olio extravergine viene impiegato totalmente nella realizzazione di prodotti tartufari, come l’olio tartufato fatto con uno scambio aromatico totalmente naturale. A questi si aggiungono 2 altrettanto preziosi ettari in cui viene coltivata una specialità della zona amerina: la fava cottora, presidio Slow Food, un ecotipo di fava selezionato di generazione in generazione dagli abitanti del posto. Matteo e Virginia fanno parte dei pochi custodi di questo prezioso legume amerino, protetto da un consorzio e dal suo disciplinare.